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L'Economia del Corriere - 3 luglio 2017

Sullo schermo del computer appare in grafica 3D la Galleria Vittorio Emanuele II di Milano. Con pochi click del mouse è possibile zoommare e ruotare di 360 gradi ogni particolare. Poi dagli ingressi iniziano a entrare persone. Per oltre il 70 per cento si tratta di piccoli gruppi composti da due/tre individui. Ognuno rappresentato con un diverso colore. Sul monitor il numero di accessi continua ad aumentare. In pochi minuti la Galleria si riempie e iniziano le interazioni tra persone che si incontrano e scontrano al centro. Sembra la scena di un videogame. Ma non è così. Siamo di fronte a un sofisticato simulatore software, progettato per analizzare il comportamento delle folle. Lo hanno sviluppato al Centro di ricerca Csai (Complex systems and artificial intelligence) dell’Università Milano-Bicocca. Fa parte degli studi condotti dalla professoressa Stefania Bandini e dal suo team sull’interazione delle masse in luoghi pubblici. Piazze, stadi e centri commerciali. Inclusi concerti ed eventi religiosi. Si tratta di complessi algoritmi computazionali che prendono in esame non solo i modelli fisici e strutturali come sbocchi di strade e uscite di sicurezza. Ma tengono anche conto dei fattori psicologici e antropologici delle folle presenti. Che ne condizionano le reazioni.

«Nel caso di Milano lo studio ha preso il via dai filmati reali delle videocamere installate in vari punti della Galleria. Dalle immagini sono emersi i comportamenti e le dinamiche di gruppo delle oltre 7 mila persone che l’hanno attraversata nel periodo di osservazione». Video analizzati poi dal software di simulazione per ricavare dati e tabelle. Parametri necessari a comprende e prevenire episodi come il tragico incidente di piazza San Carlo a Torino, in occasione della partita di Champions League. «Lì siamo incappati in una situazione classificata dai ricercatori come “sindrome dell’uomo ubriaco”. Si verifica quando in un ambiente affollato le persone tendono ad allontanarsi dalla sorgente di pericolo - continua la Bandini - nel caso di Torino una dinamica amplificata dalla paura di un possibile attacco terroristico». Il comportamento di chi ha “innescato” l’evento, come si vede dai filmati, genera l’allontanamento repentino della folla. Così l’onda umana ha schiacciato i presenti verso l’esterno.

Si tratta di fenomeni studiati in ogni parte del mondo. Tra i più attivi troviamo i laboratori dell’Università Umm AlQura della Mecca. Dopo il mortale incidente del 2015 con 717 vittime, gli esperti hanno preso nuove misure di sicurezza per incanalare i fedeli nei punti critici. Con punte massime di 3 milioni di persone nei periodi di maggiore affluenza. Invece all’Università di Tokyo sono allo studio algoritmi di AI (intelligenza artificiale) per ottimizzare il flusso dei 40 milioni di passeggeri giornalieri sulle 13 linee delle metropolitane. La prossima sfida riguarda lo sviluppo di piattaforme hitech integrate, per gestire grandi eventi. «Pensiamo ad esempio alla creazione di sistemi per la gestione dei flussi umani nelle smart-cities - continua la Bandini - con l’obiettivo di agire tempestivamente da cabine di regia cittadine in caso di emergenze». Algoritmi che in “real time” permettono a decisori umani di entrare in azione aprendo varchi e porte di sicurezza.

A questo proposito si stanno già sperimentando i droni per il monitoraggio aereo di eventi. Da abbinare alle immagini di videocamere digitali dotate di software per il riconoscimento facciale. «In Israele grazie alla gestione congiunta droni-videocamere, possono identificare da sale di controllo remote la presenza tra la folla di individui sospetti come terroristi kamikaze». La massa di persone, come un composto organico in movimento, percepisce il pericolo e in modo automatico tende ad aprirsi, isolando così la possibile persona pericolosa. Da questo momento le Forze di sicurezza hanno pochi secondi per intervenire. Istanti fondamentali per salvare vite.


twitter @utorelli






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